Memorie dal sottosuolo vinicolo

di Enzo Di Giacomo

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C’è un luogo a Roma dove si incontra spesso l’autore del libro “I racconti (e i consigli) del Doctor Wine”, in pieno centro storico, in via dei Banchi Vecchi: è l’enoteca “Il Goccetto”, quasi un santuario per il santone del vino Daniele Cernilli. «Non immaginatevi un luogo di culto, quasi asettico, dove ci sono persone che assaggiano in silenzio. Il Goccetto somiglia più a una bolgia dantesca, dove si incontrano le persone più disparate e dove bere vino è un fatto edonistico più che tecnico».
Questa descrizione di un luogo magico, in un palazzo del Cinquecento non completato a causa del Sacco di Roma del 1527, è nel suo primo libro “Memorie di un assaggiatore di vini” pubblicato da Einaudi e sempre per i tipi della casa editrice torinese è uscito da poco il secondo libro “I racconti (e i consigli) del Doctor Wine”, che non è una continuazione né un’integrazione del primo. E’ il libro di trent’anni del vino italiano raccontati da Daniele Cernilli (Doctor Wine), il professore che insegnava in una scuola media di Ariccia, abbandonata presto perché il vino era entrato nella sua vita. E dopo aver diretto la rivista mensile Gambero Rosso, la famosa e temuta Guida dei Vini e quella dei Ristoranti, ha lasciato quella università enogastronomica per fare il battitore libero con quelle capacità da molti riconosciute che gli hanno valso il titolo di Doctor Wine. “Una sorta di curioso, appassionato e, spero, anche tecnicamente attrezzato commentatore delle cose vinose del nostro paese” ha scritto nella prefazione Cernilli.
“I racconti (e i consigli) del Doctor Wine” sono la rappresentazione di grandi e piccoli produttori di vino, enologi, maître à penser del vino, e soprattutto la semplicità narrativa di Daniele Cernilli, inguaribile appassionato di vini che non resiste ogni qualvolta viene chiamato. «Non ci posso fare niente. Quando mi chiamano per una commissione d’assaggio, e se i “colleghi” sono di valore, non riesco a dire di no. Perché anche uno come me, che assaggia e valuta in continuazione, ha bisogno di confrontarsi, di aggiornarsi e di imparare».
In origine fu Veronelli, Gino Veronelli, “punto di riferimento ideale, quasi come Weber, Croce o Marx”. E poi Giacomo Tachis, un ricercatore e un umanista con una biblioteca di testi antichi sul vino da far invidia a qualunque storico della materia. «In Italia i grandi vini li ha impostati quasi tutti Tachis. Sassicaia, Tignanello, Solaia, Cervaro della Sala, Turriga, Saffredi, San Leonardo, i vini del Castello dei Rampolla, di Castell’in Villa, della Cantina di Santadi, dell’Abbazia di Sant’Anastasia, di Donnafugata, di Argiano», ha scritto Cernilli. Sembra di vedere questi celebri vini allineati come libri di pregio.
I ritratti proseguono con Angelo Gaja, Piero Antinori, Gianni Masciarelli e Marina, Giuseppe Mazzocolin, Elio Altare, Gianfranco Fino e tanti altri, una galleria di ritratti e un tesoretto rappresentato dai vini italiani assaggiati e commentati in tre decenni di attività. E “Quel Brunello del ‘64”, un racconto da leggere con un buon bicchiere di vino accanto.

Marco Castoro

Giornalista. Scrivo di media, informazione e tv. Tifo Roma, sono cresciuto con le canzoni dei cantautori. I miei idoli: Totti, Al Pacino, Ancelotti e Audrey Hepburn.