Dalla Russia con sapore. Chef Graziano supervisore di 23 ristoranti a Mosca

DAL QUOTIDIANO DEL SUD

Dopo 15 anni di permanenza a Mosca lo chef siciliano Nino Graziano è considerato lo zar della cucina italiana. Nella capitale russa ogni mattina prende l’auto e si fa il giro dei 23 ristoranti di cui è supervisore e consulente.
Nino Graziano, come mai questa scelta epocale di lasciare la Sicilia per Mosca?
«Nel 2005 ho avuto delle richieste da una società russa di collaborare con loro per alcuni ristoranti. Dopo un anno di tira e molla, in cui ci ho pensato a lungo, ho deciso di accettare perché le proposte economiche erano ottime e quindi mi sono trasferito a Mosca. È stata una bella strada da aprire per la cucina italiana. Ho chiuso il Mulinazzo, ora riaperto da mia nipote dentro le stesse mura ma con insegne cambiate».


Qual è il suo ruolo a Mosca?
«Consulente tecnico di tutta la compagnia che gestisce 23 ristoranti. Sono chef e direttore del Mulinazzo Semifreddo di Mosca. Sono azionista di Bottega Siciliana, il ristorante sulla Piazza Rossa, il più prestigioso che mi ha dato le maggiori soddisfazioni perché racconta la mia storia».
Come si vive in Russia?
«La Russia non è Mosca. Io vivo nella capitale, una città molto moderna con 17 milioni di abitanti. Ogni momento c’è un’evoluzione. Si vive bene, soprattutto dopo i mondiali di calcio, grazie ai quali tutto è stato rifatto in maniera eccellente. C’è una crescita molto forte».
E in Italia ci torna?
«Ci vengo nel weekend. A Roma da mia moglie che da due anni ha aperto l’Hosteria del Siciliano in via del Leoncino, in pieno centro. Poi faccio un salto nella mia Sicilia».
È stato duro l’inizio della sua carriera?
«Molto duro. In Sicilia è stata un’impresa aver cominciato l’avventura con una piccola ristorazione e far capire il concetto di una cucina nuova e piano piano a Bolognette ci sono riuscito».
Che cosa vogliono mangiare i moscoviti?
«Fino al 2005 il piatto gourmet era pasta fresca con pomodorini e basilico. Non esisteva granché della cucina italiana, esisteva quella antica. Oggi c’è stata un’evoluzione. Abbiamo creato un bel circuito. Adesso i piatti tipici top sono minestra di gamberoni con spaghetti spezzati, calamari e carciofi, pasta con triglie e finocchietto. I moscoviti vanno pazzi per pasta e verdure e tutto quello che è pesce. Hanno riscoperto il pesce del mediterraneo. E a noi va benissimo. La cucina si è spostata sulla mediterranea e l’asiatica. La francese si è arresa. Quei tre 3-4 ristoranti francesi hanno chiuso».
È mai venuto Putin nei suoi ristoranti?
«Putin no, la moglie e i ministri sì. Putin non va nei ristoranti perché se si muove blocca tutta la città».
Come va con l’embargo alimentare?
«Ci ha fatto soffrire, è un problema enorme far crescere un ristorante italiano senza i prodotti tipici freschi provenienti dall’Europa. Ho salvato la mia cucina grazie ai prodotti secchi, inscatolati che arrivano, mentre il fresco devo farmelo arrivare da Marocco e Tunisia. Il pesce e i prodotti freschi sono simili ai siciliani. Mi manca il top delle verdure italiane. I russi sono diffidenti verso i ristoranti italiani ed europei proprio per l’embargo, dei nostri no perché hanno fiducia».
Perché si scappa dal Sud Italia?
«Aprire un grande ristorante di qualità è molto difficile, perché l’economia è quella che è. Nella provincia di Palermo non ti puoi permettere di avere aperture di livello, purtroppo bisogna adeguarsi a una cucina più bassa, anche se grazie al turismo in aumento qualche piccolo passo in avanti è stato fatto. Ma il Sud purtroppo non è la Lombardia, la Toscana, il Piemonte. I prezzi sono più bassi per la gente, il Sud non ti permette molto».

Marco Castoro

Giornalista. Scrivo di media, informazione e tv. Tifo Roma, sono cresciuto con le canzoni dei cantautori. I miei idoli: Totti, Al Pacino, Ancelotti e Audrey Hepburn.