Berlusconi frena i processi politici. Intercettazioni soltanto per reati gravi oltre 15 anni di pena. Veltroni riunisce i dirigenti del Pd: d’ora in poi regole precise su candidature e codice etico

Berlusconi alza l’asticella della giustizia. Di almeno 5 anni. Nella riforma che il Pdl ha in mente, infatti, le indagini dei pm e le intercettazioni dovranno essere limitate al massimo, solo «per reati gravissimi, come terrorismo internazionale e reati di stampo mafioso, delitti che hanno pene oltre i 15 anni». Cioè 5 anni in più rispetto alla prima versione della riforma di cui lo stesso premier aveva parlato come limite perchè fosse possibile il controllo delle telefonate da parte dei giudici. «Stiamo portando avanti una riforma della giustizia penale nella direzione voluta dai cittadini», ha detto ieri Silvio Berlusconi nel suo intervento di chiusura alla sesta conferenza degli ambasciatori d’Italia. Il premier ha anche parlato di giustizia civile spiegando che con la riforma del processo civile, già passata all’esame di un ramo del parlamento, i tempi della giustizia verranno ridotti «di un terzo».
Insomma, Berlusconi, il giorno dopo la bufera giudiziaria che ha travolto la giunta Iervolino a Napoli e due deputati di spicco come Renzo Lusetti (Pd) e Italo Bocchino (Pdl), schiaccia il piede sull’acceleratore e rilancia: la riforma della giustizia va fatta, e subito. D’accordo con lui anche il presidente della camera Gianfranco Fini, che ritiene urgente una riforma, purchè però non diventi un «regolamento di conti tra giudici e politici», perchè con i regolamenti di conti «non si è mai risolto nulla. Anzi, si rischia di creare solo un corto circuito». Ma una riforma serve, ha ribadito Fini, perchè «il sistema giustizia» così com’è, «ha sempre meno credibilità».
Sistema giustizia che in questo ore sta travolgendo il Pd. Walter Veltroni riunisce oggi il gruppo dirigente del partito. I nodi politici all’ordine del giorno sono numerosi. Troppi, direbbe qualcuno. Ma il leader illustrerà, in un’ampia relazione, quali potrebbero essere i correttivi da fare. Del resto la questione morale non può diventare la foglia di fico che copre le vergogne. Veltroni chiederà un segnale forte e chiaro con regole precise sul codice etico, sullo statuto, sulla scelta delle candidature. Chiederà maggiori poteri per agire direttamente e tempestivamente sulle situazioni che coinvolgono in vicende giudiziarie dirigenti e amministratori. Chi si aspetta una rottura tra le correnti sulla leadership resterà deluso: nessuno vuole l’implosione del partito. Ma sul tema delle alleanze qualcosa di più si può fare. Questo diranno i leader delle altri correnti all’interno del partito. Nessuno scontro. Semmai ci sarà a emergenza finita. Ma neanche nessun direttorio alla guida del partito. Resterà Veltroni e basta. Anche se le decisioni che piovono dall’alto fanno infuriare non poco gli altri leader.
Tornando alle alleanze la posizione prioritaria di Di Pietro vacilla. D’ora in poi si guarderà, di volta in volta, alle situazioni più consone al programma del Pd. Dipendesse dai dalemiani, dai fassiniani e da Follini i ponti con l’ex pm sarebbero tagliati da un bel pezzo.
Roberto Miliacca e Marco Castoro

Marco Castoro

Giornalista. Scrivo di media, informazione e tv. Tifo Roma, sono cresciuto con le canzoni dei cantautori. I miei idoli: Totti, Al Pacino, Ancelotti e Audrey Hepburn.