l’Italia non ha più energia

IL PREZZO del petrolio che schizza di giorno in giorno. Gli esperti che addirittura prevedono che tra qualche mese possa toccare quota 100 dollari al barile. I black-out energetici che ci minacciano, soprattutto d’estate quando si riaccendono i climatizzatori. La contesa sul gas tra Russia e Ucraina che si ripercuote anche sulle bollette. Il carbone che non trova gli sbocchi necessari nelle nostre centrali. Povera Italia senza più energia. Che cosa può accadere a un Paese che non possiede materie prime e che rischia di accollarsi tutti i costi per importarle? Che prova tramite l’Enel a convertire due centrali da olio a carbone per ridurre almeno del 20 per cento i costi dell’elettricità. Con tutta una serie di ostacoli da superare: molti italiani non vogliono il nucleare, non vogliono il carbone e non vogliono l’eolico. Poi però si lamentano del caro bolletta (almeno un 30 per cento in più rispetto agli altri stati europei). Con questa situazione internazionale non è purtroppo facile immaginare uno scenario positivo per il nostro Paese. E come sempre accade quando i tempi sono difficili vengono alla mente gli errori compiuti in passato. Inutile girarci intorno: nella decisione presa poco meno di vent’anni fa ci fu troppa approssimazione. L’8 e il 9 novembre del 1987 in Italia si votò per abrogare il nucleare. Con tre sì si cancellò il lavoro di diversi anni. Fu sancito l’abbandono da parte dell’Italia del ricorso al nucleare come approvvigionamento energetico. Tuttavia i referendum, così come erano stati formulati, non permisero agli italiani di esprimersi anche su un altro quesito: comprare o no energia elettrica prodotta da centrali nucleari estere. Probabilmente si perse un’occasione storica per diventare una vera superpotenza. Perché nel nucleare gli italiani potevano tranquillamente stare ai livelli dei francesi che vantano una potenza installata inferiore solo agli Stati Uniti. Quanto Russia, Germania, Inghilterra e Corea messi assieme. Complessivamente reattori e centrali nucleari producono nel mondo poco meno del 20 per cento della fornitura globale di energia. Con il nucleare la Francia copre l’80 per cento del fabbisogno interno. Un caso unico al mondo se lo confrontiamo anche con gli Stati Uniti fermi al 20 per cento. I francesi pagano una bolletta della luce dimezzata rispetto a noi. A parità di consumi. Non hanno mai avuto un black out e non hanno nessun problema dal punto di vista energetico. Anzi, la scelta del nucleare permette ai transalpini di essere una superpotenza e di avere un’indipendenza strategica nei fabbisogni. E nessuno si sogna minimamente di scendere in piazza per contestare il nucleare. In futuro dunque dovremo aspettarci una nuova corsa all’uranio? In verità nel mondo occidentale non si prevedono grossi sconvolgimenti. Anzi. All’orizzonte è previsto un calo di impiego, in quanto in Europa (a eccezione della Finlandia) e in America non è prevista la costruzione di nuove centrali. In Asia invece le centrali sono destinate ad aumentare negli anni. Va ricordato che questo tipo d’impianto necessita di almeno dieci anni di lavori prima di essere ultimato. Una centrale nucleare brucia uranio e produce energia elettrica, ma a differenza di una centrale termoelettrica che brucia carbone, petrolio o gas non sfrutta reazioni chimiche, ma reazioni di fissione: un milione di volte più energetiche a parità di massa combustibile. Una potenza di 1000 Mw si ottiene bruciando poche tonnellate di uranio contro i 50-100 Mw di una centrale termica che brucia migliaia di tonnellate di combustibile. E il nucleare non sprigiona anidride carbonica. Un vantaggio non di poco conto se consideriamo che stiamo vivendo l’era dello smog, delle targhe alterne, dell’inquinamento dell’aria e con l’effetto serra che incombe. Il nucleare può essere considerato il vero antidoto ai carburanti. Il suo ritorno sarebbe giustificabile per ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio, gas e carbone. Perfino uno dei fondatori di Greenpeace, Patrick Moore, ha fatto scalpore scrivendo un articolo per il Washington Post. L’ecologista Moore sostiene che il nucleare da sinonimo di olocausto stia diventando l’ultima speranza per salvare la Terra, in quanto solo l’energia atomica può evitare al pianeta i danni ambientali del petrolio. «L’Italia non ha altra scelta – ha più volte detto e scritto l’ingegnere Paolo Fornaciari, uno dei massimi esperti nel settore – bisogna ripensare al ritorno al nucleare e all’incremento del carbone. Non ci sono dubbi e soprattutto non esiste un’alternativa: i prezzi di petrolio e gas arriveranno alle stelle. Tra l’altro c’è un problema di etica da non sottovalutare: sottraendo petrolio e gas ai paesi poveri creiamo sempre più conflitti, rivoluzioni, terrorismo e migrazioni epocali. L’energia è una componente fondamentale per risolvere i problemi di differenze tra livelli di vita. L’era del petrolio potrebbe finire proprio a causa del suo prezzo troppo alto. Bisognerà fare accordi con Cina o India per trovare un passaggio ad Oriente del greggio». Quindi la salvaguardia dell’Occidente passa per lo sviluppo industriale della Cina. Ma il nucleare avrà pure qualche svantaggio? Sicuramente le conseguenze in caso d’incidente. L’esempio di Chernobyl non può essere dimenticato. Tuttavia la Francia non ha mai avuto un problema. Altri svantaggi sono le scorie radioattive che devono essere stoccate per anni e anni. Da temere e non sottovalutare c’è purtroppo la possibilità che qualche nazione sfrutti l’uranio per produrre armi. Tra l’altro a riguardo esiste una fitta rete di traffico clandestino con tra gli acquirenti anche i terroristi di Al Qaeda. Nucleare, dunque, anche come segno di superpotenza. Vi siete chiesti perché l’Iran, tanto ricco di petrolio, ha bisogno dell’energia del nucleare?

Il Tempo, giovedì 11 maggio 2006

Marco Castoro

Giornalista. Scrivo di media, informazione e tv. Tifo Roma, sono cresciuto con le canzoni dei cantautori. I miei idoli: Totti, Al Pacino, Ancelotti e Audrey Hepburn.